parte 5


Faceva caldo quella sera, come ogni sera d’estate dell’Agglomerato. I pedoni, le limousine, gli stormi degli uccelli: tutti avevano un posto verso cui correre in quell’infinito crepuscolo di fuoco. La salita che conduceva all’Hotel Oriente, in pieno centro, era affollatissima e i giornalisti erano praticamente stipati sul marciapiede, tra la facciata dell’albergo e il cantiere che occupava la carreggiata. C’erano molti appassionati, intellettuali, artisti, semplici curiosi, ragazzi che cercavano di farsi largo per vedere, altri che abitavano lì vicino ed entravano e uscivano dal supermercato. Una giovane coppia che non riusciva nemmeno a respirare venne spinta via da un cameraman la cui volgarità faceva a cazzotti col lussuoso albergo: ancora una volta, il turpe e il sublime si abbracciavano nell’Agglomerato. Il fidanzatino guardava la scalinata che portava all’immensa porta a vetri girevole che immetteva nella hall, come tutti gli altri, ma nei suoi occhi c’era un bagliore diverso, era come posseduto, sembrava stesse ammirando la scala che conduce in Paradiso. Con lo sguardo indicò quella porta alla ragazza, che guardò la porta e guardò lui, poi di nuovo la porta. Pareva di udire tutte le lingue di Babele. - Stanno arrivando! - si udì. - Pronti! - gridò qualcuno.
Tutti, in particolar modo i giornalisti, corsero nella stessa direzione, pronti ad accalcarsi attorno a qualcos’altro. Tutte le cineprese filmavano, tutte le fotocamere scattavano: un mare di flash e di clic clic clic.
Arrivarono, e non fu come se l’immaginava chi non li conosceva. Frederick d’Antoni ed Elena Pedicini arrivarono a bordo di un’auto anonima, come se ne vedono duemila in un solo giorno per l’Agglomerato, nessuno notò neppure di che macchina si trattasse. Un cameraman cadde. Una donna urlò più forte degli altri. I due erano seduti dietro, erano in compagnia di due amici anch’essi scrittori, Antonio e Daniele, che guidava e possedeva la macchina. Frederick salutò tutti alzando il pollice dietro il finestrino.
L’auto rimase in mezzo alla strada, bloccata da folla e cantiere. I quattro scesero e cercarono di guadagnare le scale, invano. In realtà erano tutti contenti, tranne forse Daniele, di quella situazione, a cui si erano ormai abbastanza abituati. Daniele e Antonio rilasciarono qualche dichiarazione e risposero ad alcune domande, la maggior parte dei cronisti si gettò contro i due innamorati, pronti alla solita chiacchierata.
- È ora di cena, buon appetito a tutti! - sghignazzò Frederick alzandosi gli occhiali scuri e arrotondati sopra la fronte e mostrando gli occhi azzurri. I due si fermarono al centro della scalinata. Stavano decisamente bene: lui si era rimesso, si era accorciato barba e capelli, sempre neri, indossava un completo blu su camicia bianca e scarpe nere. All’anulare sinistro un anello metallico a fascetta, al destro uno con una grossa pietra nera. Anche lei aveva accorciato i capelli, una volta rossi, castano-ramati alla base e biondini alle punte, naturali, ora rosso fuoco, come vestitino, borsa e tacchi, un po’ di matita per occhi celata dagli occhiali simili a quelli di lui, ma solo un tocco. All’anulare sinistro lo stesso anello a fascetta. Braccati, sorridenti, rispondevano alle domande che capivano.
- Elena, com’è stato l’incontro di stasera?
- Sinceramente non avrei mai immaginato una tre giorni di studi su Gianni, lo meritava.
- Com’è andata?
- Fantastico.
- Frederick, ti senti l’erede di Gianni Costa?
- Gianni era un’altra cosa, - scambiò uno sguardo con Elena, poi, sorridente ma serio: - io cerco solo di essere un buon imitatore.
- Ci riesce abbastanza bene!
Molti risero.
- Puoi dirci qualcosa sul vostro prossimo libro insieme?
- È presto caro, - rispose Frederick. - ci vediamo in libreria!
- Elena, quando sono stati scritti i componimenti confluiti nell’ultimo capolavoro di Gianni Costa uscito postumo questo mese? - gridò un reporter, il volto tondo e paonazzo, i capelli pochi e neri, saltando a scavalcare i colleghi per avvicinare il cellulare alla ragazza.
- Nell’ultimo periodo della sua vita.
La giovane coppia avanzava tra i corpi sudati chiusi in camicie a righe, lui faceva da apripista. Riuscì a raggiungere Frederick, a toccargli una spalla mettendoci una mano sopra, per farlo allungò il braccio finché poté e urtò il reporter pelato. Il ragazzo e Frederick si guardarono intensamente negli occhi e in quel momento sembrò che il tempo e le urla improvvisamente si fermassero, che in quel posto non ci fossero che loro quattro. Il caos però continuava là fuori e il reporter insultò il giovane spingendolo e facendolo cadere.
- Ma è pazzo?! - esplose Frederick buttandosi verso l’aggressore, trattenuto a fatica da Elena. - Non ha neanche vent’anni, razza di idiota! - Il poeta aiutò il giovanotto ad alzarsi. Tutto questo provocò una spinta verso l’esterno: la folla indietreggiò, poi l’onda si riversò con violenza in direzione delle scale. Il ragazzo era in piedi, la ragazza spaventata. Non si era fatto niente. Frederick gli fece un segno: ci vediamo dopo. E così fu: più tardi la coppia sarebbe uscita per fare una foto con i due giovani, Frederick fece un autografo a lei e salutò con un bacio sulla guancia lui: - Scrivi, vero? Questo è il mio biglietto, chiamami. Ora dobbiamo proprio andare.
- Elena, Elena, è vero che hai ripreso gli studi? - fece un giovane, non sembrava neanche un giornalista, scavalcando il pelato che era rimasto lì incredulo, ancora più rosso di prima.
- Sì. - rispose semplicemente lei, annuendo.
- Vivete nella città di Frederick o al paese di Elena?
- Non lo sappiamo, per ora itineriamo!
- Andate mai a ballare in discoteca?
- E perché mai. C’è già abbastanza casino qui.
- E alle feste vi invitano?
- E ci andate?
- Dipende dalla festa: stasera sì.
- Frederick, cosa ti è piaciuto di più di questo pomeriggio a teatro?
- Il piano e la video-art!
Dall’altra parte della strada, Enrico Ginzburg si godeva la scena ridacchiando, chissà perché, prima di sgattaiolare dentro e, finalmente, godersi la meritata cena.
- Amore, si muore di caldo, non ne posso proprio più. - sussurrò Elena a Frederick. I due cominciavano a sudare visibilmente. Frederick salutò tutti con la mano: - Ciao ciao! -, Elena mandò un grosso bacio alla folla che esplose, facendole salire un brivido lungo la schiena, un brivido piacevole, come mai le era successo prima. Frederick si girò per avviarsi alla porta, quando alle sue spalle si levò una voce altisonante:
- Frederick, tu sei Gianni Costa?
Si fermò, paralizzato, ma lo nascose. Si voltò e incontrò lo sguardo di Elena, abbastanza terrorizzato. Esitò un attimo. Il volume delle grida scemava.
- Questa gente crederebbe a qualunque cosa. - riuscì a sussurrare a Elena. Poi: - Ma certo! - gridò. - Come stai, vecchio mio?
Tutti scoppiarono a ridere, poi ci fu un forte applauso. Lui guardò lei:
- Si è fatto tardi, baby. Andiamo, gli altri ci staranno aspettando da un pezzo.

antonio oliva estate 2013

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su di me

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Ariano Irpino, Avellino, Italy
Antonio Oliva è nato nel 1985 ad Ariano Irpino (AV). Ha partecipato a numerosi progetti teatrali e musicali. Nel 2009 si laurea in Lettere Moderne e nel 2012 in Filologia Moderna presso l’Università Federico II di Napoli. Dopo diverse esperienze nel 2015 si abilita all'insegnamento presso lo stesso Ateneo. Ha lavorato a Roma e Bergamo e vive itinerando.
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