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Dipingo, descrivo
Ma può non piacere
Pungi ma attenta
Puoi romperti le spine
Hai sbagliato a fidarti
Non ti sei fidata mai

Neanche mi piace ricordarlo
Ma sei stato tu che hai frenato troppo presto
Perché ti hanno detto che non era cosa
Quel pallone gonfiato ti disse non sei bravo
Vuoi che parli chiaro amico?, ok
Ti hanno convinto e ora hanno ragione

Ma forse un giorno potrò dirti tutto
Del fiore nato tra le cosce di Goa
Mi racconterai di quando ti aiutavo coi francesismi
E io del tuo amore impossibile
E per questo amore
Amore lo chiameremo
Dopo averti salvata e rapita
Polvere di sole nel fiume
Salvata anche da me
Scappare sulla Harley
Tra alberi d’incenso
Scappare per sempre

Ma riportami indietro
A quando cucinavi domenica
Dormivi
Signora
Sono stanco
Non ce la faccio
A una macchina che passa da lì da anni
Bella ciao
Di quando mi insegnavi a dire

Scriverò.

cene novembre 2016

chi ti solleva
su per il tetto?
prendi queste righe
proteggile dal freddo

occhi di bruma
di porcellana
due gatti, avidità
bottiglia nella neve
di città

milano ottobre 2016

Mi sono sempre visto
attraverso i tuoi occhi
ora dovrò cavarmela da solo
magari descriverti la via

Non sum dignus

Come fai ad andare avanti
sapendo che non puoi voltarti
che il giorno ha lasciato la carrozza
che fai salire l’oscurità e via

Non ti stai perdendo niente
almeno ascoltare puoi
e piangere

BEAUTIFUL THING

Non voglio subito squadrarti in versi
Mi limito a guardare
Ma non mi stacco e forse ti consumerò
Acqua negli occhi e occhi in te
Legno che non brucia

Quando arriverò tremante di per sempre
Quando arriverai sicura ormai
Di ogni peso deposto
Di ogni impero
Beautiful thing

Noccioline ansanti vanno e vengono
Corrono lungo la spirale dell’orizzonte
Un modo nuovo di dire domani
Tutto va viene e passa ma
Tu sei qui e ci resti

Linee si profilano da conoscere
Squagli cartilagini indurite
Da quali secoli prendi questi fuochi
Lo sai solo forse tu
Beautiful thing


ERRORE 404 (non averti avuta prima)

Dolci parole e dolci brezze
E trecce e tagli speciali
Contraddici tutti noi e te stessa
Nell’amore e nell’austerità
Nel Gange e nel Tibet
Cerco di parlarti
Come facevo prima
Ma tanto tempo fa
Morbida ma non troppo
Scoppi piercing ingegnosi
Un laccetto al collo porti
E un laccio a me
Come le cime
Dei monti, dei mari
Tento di andare
E a tentoni vado
È tanto il tempo nei tuoi occhi
Che diresti che sono più d due
L’anima bianca come la casacchina

Mi attira la purezza della follia
E penso che sei già mia
E voglio una piccola occhiata
Sei quanto di buono
Quanto mi serve proteggere
Curare preoccupanti titubanze
E deliziose insicurezze
Piacevole è rompere prigioni
Perché temevo i travisatori fuori
Adesso vedo di capire corse
E forse chissà ti farò leggere
Come l’ultima frase mai nata
L’ultima nota che ho suonato

Labbra carnose socchiuse
Chiudi grotte porose.


***

Limoni a casa
E le carezze
Coordinate
Che non conosco
Sei sulla vetta
Ti vedo netta
Resta ferma
Ci arriverò

Fatta di tè
Mi bagni la fronte
Bevi da me
Tarkari dal bath
Ti porto al dito
Come un’impresa
Ti porto addosso
Ti bacio tesa.


cetara luglio 2016

Chiedi promesse, o le consigli
Ma è dura dire che parli
Nessuno ti fa più il bucato

Parti, non parti
O resti
Vorresti
Condurre la danza
Spiacente
La pura e semplice decadenza
Ti costa l’Inferno
Giù

Tu sei il moderno varco attivo
Il motivo per restare vivo.

09.07.2016

Piccolo oro delicato ignoto
Ancora, presto arriva
Con l’ignorante amico isterica
La strada è finita ma continua a salire

È l’eroe delle bambine
Quando suona ballano
Piccoli oggetti in terza persona
Spera che vi piacciano

Dovunque andrai sei uno di noi
Non vieni da Fresno non vieni da Tromsø
Si spezza il filo perché non c’è lei
Ci metti un cerotto perché ancora ci sei

E il venditore di stereotipi
La marionetta, la cassiera
Chi li ha messi lì?
E lei ora può cercare un topic
Ora può annoiarsi

È l’eroe delle bambine
Quando suona ballano
Occhi bendati in terza persona
Spera che guariscano


Queste poesie sono state composte dai ragazzi dell’Istituto Giovanni Paolo II (Liceo delle Scienze Umane), dove insegno. Partendo da poche semplici “regole” (Genere: Poesia; Strofe: Quartine (4 versi). NB: L’ultima strofa può essere un distico (2 versi). Tema: Libero. NB: Va indicato l’argomento/titolo del componimento), i ragazzi hanno scatenato in modo sorprendente la loro fantasia. Quasi tutti hanno accettato di pubblicare e firmare i loro lavori qui e, prossimamente, su un periodico. L'ordine è alfabetico. Mi è stato chiesto di dire che l’idea mi è venuta facendo i piatti. Buona lettura. ao


L'AMORE IMPOSSIBILE

Il mio amore per te
il tuo amore per lei
e il suo amore per lui
il nostro amore impossibile.

(SVEVA FARO II A)

I PROBLEMI

Ci sarà anche del sole che splende
e un bellissimo mare
ma ci son troppi cocci,
troppi cocci sul muro

Gli uccelli canteranno anche
ma da lì i cocci
non si son mossi
cosa posso farci?

E più ci provo e più mi
sanguinano le mani
e credo che non scavalcherò mai il muro
per farlo sono troppo pallido stanco e impuro

ANONIMO

(RICCARDO FRANCESCHILLI I A)

COLUI CHE MI GUARDA

Di nero vestito
e rosso beffardo
ride di me
guardandomi dall'alto

Di nero vestito
e rosso di rabbia
è il tipo allo
specchio colui che mi guarda

(RICCARDO FRANCESCHILLI I A)                  

L’AMORE

L’amore è imperfetto,
sembra quasi uno scherzo,
con lui non puoi giocare,
perché il cuore ti fa male.

Tante volte abbiam sofferto,
“Mai na gioia” abbiamo detto,
con il cuore birbantello
nessuno ci ha mai detto,
quello che veramente può scatenare.

Cosa ci è successo?
Mai nessuno vicino al petto
sempre “poi” ci han detto,
un’illusione senza tempo,
sembra quasi un posto così bello

“Sei la mia vita” mi han detto
ma porto una cicatrice nel petto,
Come mai? mi è stato chiesto
mentre io non capivo cosa fosse successo.

(VIRGINIA FURLAN I A)

MANCANZA

Quanto mi manchi, probabilmente non mi pensi,
da quando non ci sei continuo a cercarti,
da quando non ci sei, non ci sono più nemmeno io.
Non vado avanti, per un po’ mi soffermerò a pensarti.

Probabilmente parlerò di te come un pezzo della mia vita,
probabilmente verrò a prenderti,
un giorno mi ritornerai in mente e forse sarà troppo tardi
o forse ti ritornerò in mente e spero di mancarti.

Ora che non ci sei più, non riesco più a trovare del “buono”,
dato che prima il buono per me eri tu.
Non riesco a concentrarmi se non ci sei tu nella mia mente,
non riesco a vivere se non ci sei più tu nella mia vita… vita mia!

(VIRGINIA FURLAN I A)

IL VUOTO
(IL VUOTO DENTRO)

Cerco di colmare il vuoto che ho dentro,
anche se in fondo un vuoto non lo sento,
non so cosa cerco,
anche se qualcosa dentro me lo sento.

(LEONARDO IERACE II A)

TATUAGGI

I tatuaggi sono come un libro aperto;
pagine che nessuno ha mai letto.
Nero, blu, giallo e rosso,
inchiostro inciso sulla pelle come un cielo pieno di stelle.

I tatuaggi sono come enigmi,
il corpo ornato di ricordi,
quei ricordi che mai ti scordi.

(FEDERICA MAIETTA II A)

L'AMORE

L'amore ha la capacità di trasportarti in un'altra dimensione
per quanto possa essere forte provare un sentimento così
Ho sempre desiderato innamorarmi per davvero,
ritrovandomi ad avere occhi lucidi per la gioia della sensazione provata;

Ho voglia di sentire le sue mani
scivolare delicatamente sul mio viso;
Ho voglia di sfiorare le sue labbra con le mie
quasi come se fosse un intersecarsi di note

che vanno lentamente a formare un accordo musicale
Ho voglia di sentire i nostri cuori battere forte;
come fossero dei tamburi
per quanto amore ci possa essere in noi.

Ho voglia di sentire il suono della sua voce
che riesce ad amalgamarsi con il mio;
Ho voglia di toccare il suo corpo,
come se fosse una scultura che deve ancora essere modellata.

E' tanta la voglia di risvegliarmi
e ritrovarmi accanto a lui;
Sento la necessità dei suoi abbracci
poiché riescono ad eliminare i pensieri più sgradevoli

che si trovano dentro di me.
Ho il desiderio di sentirmi senza problemi,
completamente parte di lui;
Però il mio desiderio primario è semplicemente

Quello di guardarlo dritto negli occhi,
per riuscire a innamorarmi ancora di più.

(SHAKUNTALA ORZANO III A)

DEDICATA AL MIO FRATELLINO

Eri così piccolo fra le mie mani
tanto ch'io ebbi paura
che i miei gesti fossero vani
troppo poco per una piccola creatura

E poi ti ho visto crescere
tra carezze, lotte, lotte per carezze
troppo ti sei fatto amare
tu, una delle mie poche certezze

Tu, con i tuoi sorrisi
tanti di poche bellezze


(ILARIA TREVISAN II A)

togli l’aria al cervello
puoi pensare
farti male
come 7 anni fa
godere
certo, morire
ascoltare ciò che ti va
ma dubito

che tu sia ancora intera

giro e guardo il mare e l'orizzonte e te che sei passata senza mai davvero muoverti e persone questi cani e poi le ronde che mi tengono qui

se nelle bettole profonde professore affondi le radici dici che le tue narici non vanno più piantale quassù
perché per chetarti ti permeano dosi di nettare tare ereditarie che ti fanno errare lettere ree di proteggere geni bimba
ti fanno fare grossi passi avanti nel proteggerti bimba

gioco con verbi acerbi
quanto vuoi tu però
divi ubriachi di vita devono tante virtù
chiuso dentro una stanza 
recito la mia essenza
uomini così piccoli una stanza così piena
allenati a respirare nella pancia della balena

antonio 11 aprile 2016

Porta macerie
guida cadente
fiato fissato
al grido soccombe

cera chiarissima
e certame c'era
con voce tremante
ho respinto
dei vostri cuori
l'amore
e m'invento una scusa impossibile.

Una Ferrari che corre verso lo scasso
solo perché è bello, come una volta.

Mano nella mano
Nella mano
Ma guardate su
Su
Tutti quanti vanno su

Un momento
Cosa accade
Ti lasciai andare
Ti verrò a prendere

10 marzo 2016

È senza aiuti
senza maschera
che parlo con te
che ancora non ci sei
e ti prometto un giorno e una vita
e ti prometto ti aspetterò
finché non cambia il vento
quando mi sento stanco
ti amerò come un piano
che lamenta per sempre.

...mi manca qualcosa
se sapessi cosa...

E così una notte fuggì
non era mai stato tanto lontano
si perse tra la nebbia e i gol
quand'era tardi potevi sentirlo gridare

poi il primo giorno entri tu, scampata a chissà cosa
mentre lui era fondamentalmente sopravvissuto a se stesso
e al traffico bestiale che l'accolse
all'arrivo nelle sabbie dell'ignoranza
prestato a un'altra arte
stordito in un ballo d'oblio

poi bionde ancor ritrose, il secondo giorno e il terzo
piovevano giudizi discordanti
probabilmente lo amavi ma chi l'odiava c'era
si ricordava di plaudere sempre l'uditorio
ma lui cercava di tornare a casa, dovunque fosse
per continuare, già, continuare qualcosa
senza più nessuno alla stazione per lui

il quarto fu cucito su misura
da un sarto senza arte, con paura
spirito soffiato via mentre schiaffeggiava discepoli
non l'hanno mai capito
non era uno di loro
vecchio diavolo, un nuovo grasso inferno
ricche Doctor Martens sistemate

guido per le strade
sfumo dentro Jaipur

capelli al vento, venite tutti a me
teneri guai, di voi farò diamanti
di starnuti venti e di tracolli cento
mentre attento all'acqua cheta e al pianto
della tua maglietta zapatista
che comprammo il giorno quinto.

Meglio se non mi pensi e mi lasci perdere
non conviene star vicino a me
però mi piace guardare che mi guardi
con nocciole su levigato ebano
capelli avanti tutta per coprire
gli strappi sopra i jeans e sopra te
di tutti i colori della tua cenere

e arriva, ha un aria felice
e ascolta rock ed è una ninfa e danza
stasera vestita di gioielli
abito nero senza reggiseno
sui sampietrini rotti, sempre quelli
trasandata su un piccolo treno
non è giovane, non è vestita bene
chissà che cosa sa, che cosa teme
occhi e labbra non ti dicon dove va
nella pancia sbatte il giorno e la città.

Che dire, mi dispiace
per chi mi ha voluto, per chi no
del vino versato in Ciociaria
del latte benedetto e del pane
e di quanto ho detto fino a oggi
i cimbali sonano ancora
il mio testamento è in una bottiglia,

in giro per Jaipur
sfumo dentro te
Oṃ.

1° marzo 2016
antonio ॐ

Sempre quello sul palco
non al tavolo tranquillo in compagnia
i capelli non se ne vanno
e la puzza della cucina
dicono chi eri

vita al lavoro sul dirupo
cuori vaganti al km 9.

Quando entra in circolo il veleno
e lei fa così
saranno state 500 volte
e cosa ho?
Wow. Non sono invincibile
distruggono
che peccato
Cirano.

Riempi le forme di nuovi contenuti
togliti l’anello Dantes.

Scrivere di David Bowie in poche pagine è come spiegare l’Odissea racchiudendola in tre fogli A4, ma ci si prova ugualmente. Quella di cui parliamo è una vera e propria odissea nello spazio musicale senza confini, intrapresa da un Bowie non ancora ventenne.
Una delle sue canzoni più popolari è Changes, uscita nel 1971, e racchiude in sé tutta l’essenza del suo fare arte: il cambiamento è per lui essenziale e irrinunciabile, sia esso esteriore se ci limitiamo a parlare di look, sia nella forma d’arte scelta di volta in volta per esprimersi. Ma soprattutto nell’esplorazione dei diversi generi musicali scandagliati nel corso di cinque decadi e venticinque album, se si escludono live e raccolte.
Era il 1969 e L’odissea nello spazio – la 2001 Space Odissey di Kubrik – fu trasformata da Bowie in una semplice “stranezza” in più da esplorare, una Space Oddity, appunto, e da lì partì il suo lungo viaggio nella musica. In verità fu qui che lo arrise il successo planetario, ma bisogna andare indietro di qualche anno per trovare il suo vero esordio: era la seconda metà degli anni Sessanta, i cosiddetti “Favolosi”, quando un ragazzino di nome David Robert Jones apparve come una meteora, senza clamore e praticamente inosservato, nel mondo discografico. Era riuscito con non poca fatica a farsi pubblicare dalla Deram un gruppetto di canzoncine che vagavano tra il beat e il pop leggero, una serie di motivetti sotto forma di storielle, ma scritte con testi assai intelligenti che già lasciavano intravedere un autore piuttosto singolare: Sell me a coat, The laughing gnome, Little bombardier, Uncle Arthur, London boys sono alcuni dei titoli che non rimarranno nella storia del rock, ma non dispiacquero a tutti.

Quel che di lui venne notato furono soprattutto gli occhi, che apparivano di due colori diversi e gli conferivano un aspetto quasi alieno, con una luce sinistra. La storia è questa. David Jones nasce a Brixton, sobborgo a sud di Londra, nel 1947. Quando a quattordici anni frequenta l’istituto Tecnico di Browley, fonda il primo gruppo musicale insieme al suo grande amico, quel George Underwood che involontariamente risulterà decisivo per il suo look. David suona il sassofono, un piccolo strumento bianco di plastica avuto in regalo dai genitori. Ma quelli sono anche i tempi dei primi amori e delle prime ragazze. David è timido e schivo, e invidia Underwood per essere riuscito a strappare un appuntamento con una ragazza di cui era segretamente innamorato, una certa Carol Goldsmith. Dopo averci pensato a lungo, non trova di meglio che escogitare un espediente per evitare che i due si vedano: va dalla ragazza e le dice che Underwood “è spiacente, ma per una serie motivi non potrà uscire con lei”. Naturalmente è tutto falso. Quando l’amico scopre la verità, litiga con David e lo colpisce con un pugno ad un occhio, quello sinistro, provocandogli, pare con un anello, una midriasi, in pratica la paralisi permanente della pupilla. David resta per alcuni mesi in ospedale e riesce a non perdere la vista, ma la sua pupilla resterà per sempre dilatata, cosa che darà all’occhio un particolare colore tra il verde e il marrone e gli causerà per sempre problemi nel percepire la profondità di campo. In realtà gli occhi sono dello stesso colore azzurro. Malgrado tutto, David perdonerà George quando andrà a fargli visita in ospedale e i due resteranno amici. Underwood lavorerà perfino alle leggendarie copertine di due dischi di Bowie (Hunky Dory e Ziggy Stardust).
Sarà stata la trasformazione estetica dei suoi occhi ad infondergli la passione per i cambiamenti del corpo, per i travestimenti e per le manipolazioni esteriori? Forse, fatto sta che da allora in poi i vari Bowie non si contano più!
Un altro fattore chiave della vita di Bowie è stato Terry Burns, il fratellastro nato dieci anni prima di lui da una precedente relazione della madre. Lo stesso Bowie ha rivelato che Terry leggeva un sacco di scrittori beat e ascoltava musica jazz, in particolare John Coltrane: “Quando io andavo ancora a scuola, lui era già un ribelle dai capelli lunghi che trascorreva il sabato sera in centro a sentire il jazz nei pub, ed ha avuto una grande influenza su di me”. Ma Terry era purtroppo affetto da una forma di schizofrenia e, dopo un lungo ricovero nel reparto psichiatrico del Cane Hill Hospital, nel 1985 si tolse la vita gettandosi sotto un treno. Bowie dedicherà alla storia del fratello diverse canzoni, da All the madmen a Jump they say.
Nel 1967 Bowie conosce Lindsay Kemp, il ballerino, regista e coreografo bohemien nonché fondatore della omonima celebre scuola di mimo. Bowie si appassiona a quel tipo di recitazione e s’iscrive al corso: insieme metteranno in scena lo spettacolo Pierrot in turquise. Il percorso teatrale proseguirà per dieci anni e lo porterà fino a Broadway, dove nel 1977 interpreta da protagonista Elephant man, l’opera di Bernard Poneranc.
È così che a soli venti anni gradualmente si forma il modo di concepire l’arte di David Bowie, fondamentalmente diverso dalla gran parte dei colleghi rockstar. Lui è artista colto a tutto tondo: autore, musicista, esperto e appassionato di arte e pittura, mimo, attore cinematografico e teatrale. Ma è la musica il campo in cui si realizza in pieno, inventando stili e inerpicandosi in tutti i generi, esplorando rock, pop, folk, glam, blues, hard, soul, techno, indie, jungle, jazz.
La RCA è la major che se lo accaparra e gli propone un contratto. David cambia nome e diventa Bowie, come il Bowie Knife, coltello pesante che prende il nome dal soldato americano James Bowie. Il nostro voleva evitare confusione con l’allora famoso David Jones che cantava con i Monkees.

Il suo primo grande colpo è Space Oddity, direttamente collegata al citato film di Kubrik e scritta sull’onda del primo allunaggio del luglio 1969, che narra le vicende del Major Tom, l’astronauta che parte per un viaggio dal quale non ritornerà e resterà tra le stelle: “Dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due, uno, partenza! Qui è la Torre di Controllo a Maggiore Tom, lei ce l’ha proprio fatta e i giornali vogliono sapere per quale squadra tifa, ed ora è arrivato il momento di lasciare la capsula se se la sente. Qui è Maggiore Tom a Torre di Controllo, sto uscendo dalla porta e sto galleggiando nello spazio in modo assai strano e le stelle mi sembrano molto diverse oggi. Sto seduto in un barattolo di latta, lontano sopra il mondo, il pianeta Terra è blu e non c'è niente che io possa fare. Malgrado sia lontano più di centomila miglia mi sento molto tranquillo e penso che la mia astronave sa dove andare. Dite a mia moglie che la amo tanto, lei lo sa. Torre di Controllo a Maggiore Tom, il suo circuito si è spento, deve esserci qualcosa che non va, mi sente, Maggiore Tom?”
Il successo è immenso e, seguendo la moda dell’epoca, la canzone viene incisa anche in italiano con un testo, scritto da Mogol, che non ha niente da spartire con l’originale dal titolo Ragazzo solo, ragazza sola. È qui che nasce l’Uomo delle Stelle, che proseguirà con quella Starman dal riff indimenticabile e nel tempo si reincarnerà e tornerà su se stesso diverse volte e in diverse forme e in diverse canzoni: alla fine si conteranno Starman, Ziggy Stardust e Lady Stardust, Star, The prettiest star, The stars are out tonight, New killer star, Blackstar.
Mentre il resto del primo album agisce prevalentemente su un terreno acustico, per lo più folk, con il secondo disco si inizia a fare rock sul serio, anche se a farlo ricordare sarà soprattutto la title track The man who sold the world.

Hunky Dory è il suo primo capolavoro. È qui che Bowie plana su Marte, per scoprire se c’è vita insieme alla ragazzina dai capelli color topo, la quale mentre i genitori litigano se ne va in un cinema a vedere i soliti film visti e rivisti e preferirebbe essere su un altro pianeta: “È una piccola misera storia per la ragazza con i capelli color topo. Sua madre sta gridando No, e suo padre le dice di andarsene. Ma il suo amico non si è fatto vivo e ora lei cammina nel suo sogno sommerso verso il posto con la visuale migliore, rapita dal grande schermo. Ma il film è di una noia mortale perché lei lo ha vissuto dieci volte e più. Potrebbe perfino sputare negli occhi di tutti quei cretini che le dicono di mettere a fuoco marinai che lottano nella sala da ballo, cavolo guarda quei cavernicoli che fanno, è lo spettacolo più strano che esiste… Guarda l’avvocato che se la prende con l’uomo sbagliato. Mi chiedo se saprà mai che è nello spettacolo più visto al mondo… ma chissà se c’è vita su Marte?” E nella seconda parte ce n’è per tutti, dall’Amerika, quella consumistica con la cappa simbolizzata da Topolino che viene munto come una mucca, agli inglesi borghesi che corrono come i topi a passare le vacanze a Ibiza, dalla classe operaia che sciopera per la Fama, fino ai rivoluzionari del rock che sono di nuovo in vendita (in questo caso Lennon, che si era già venduto una volta in Beatles for sale): “È sulla fronte torturata dell’America che Topolino è cresciuto come una vacca, ora i lavoratori scioperano per la fama perché Lennon è di nuovo in vendita. Guardate quei milioni di orde di topi, da Ibiza fino alle Norfolk, l’inno Rule Britannia è insensato per mia madre, il mio cane e i clown”. E intanto Rule Britannia, il canto patriottico dell’impero inglese, quasi inno nazionale per i britannici, non ha più senso per la gente comune. Insomma, un capolavoro.
E qui c’è anche Changes, uno dei più famosi successi, che presumibilmente è anche il suo manifesto: “Non so ancora cosa stavo aspettando e il mio tempo passava, incontravo un milione di vicoli ciechi ogni volta che pensavo di avercela fatta, e sembrava che il sapore non fosse poi così dolce. Cambiamenti, ti giri e vedi un estraneo, basta solo cambiare identità. Il tempo può cambiare me, ma io non riesco a inseguire il tempo. E questi bambini su cui sputi mentre cercano di cambiare il loro mondo sono immuni ai tuoi consigli e sanno bene quello a cui andranno incontro”.
 Il Cambiamento. Bowie è sempre uguale e sempre diverso, alla costante ricerca del nuovo, di nuovi orizzonti e nuove atmosfere, nuovi look e nuova musica. Inizia la sua sfida al mondo bigotto e ai suoi tabù, a un mondo che in parte è ancora puritano, quello dell’inizio degli anni 70 che si nutre dei resti della psichedelia, di hard rock e di rock progressivo e romantico. Lui lo afferra per il bavero con l’ambiguità, la bisessualità, il travestitismo, i lustrini del glamour. Le dichiarazioni provocatorie sono il suo pane quotidiano: a seconda dei momenti, confessa di essere gay, dice di essere bisessuale o fa capire di essere un macho, e la biografia della prima moglie, Angela Barnett, non lascia dubbi e propende per la terza ipotesi, pur lasciando ombre create per far scalpore. Che sia davvero un alieno, un uomo delle stelle venuto da Marte?
Il glam e il glitter prendono piede, con capelli assurdi e zatteroni Bowie mette sottosopra prima l’Inghilterra e poi il mondo cavalcando l’onda del rock decadente di quell’epoca, accanto a personaggi immensi come Marc Bolan con i suoi T. Rex e il primo Elton John.

Ora David è Ziggy Stardust, l’archetipo della rockstar che si incammina verso l’autodistruzione attraverso il mondo dei mille lustrini con la compagna Lady Stardust, la femme fatale emersa dalle ombre, e gli Spiders from Mars: “Ziggy suonava la chitarra e si alternava con Wierd e Gilly negli Spiders from Mars,  ma andò troppo in là, divenne il tipo speciale e noi eravamo solo il gruppo di Ziggy. Ziggy cantava davvero, strabuzzava gli occhi e agitava la chioma. Diventò un uomo importante, con quella sua tintarella bianca come la neve. Ma dov’erano i ragni quando la mosca cercò di romperci le palle? Ziggy suonava a tempo, e ci diceva che eravamo voodoo e che i fan erano troppo ottusi, mentre lui era il Nazareno con un culo divino. Esagerava, ma ragazzi, se sapeva suonare la chitarra! Ma mentre Ziggy faceva l’amore col suo ego, fu risucchiato nella sua mente come un messia lebbroso, e quando i ragazzi l’hanno ucciso ho dovuto sciogliere il gruppo”. È in questi stessi solchi che appare il celebre Starman: “Non sapevo che ora era, le luci erano basse, quando alla radio un tale stava mandando qualche rock’n’roll con tanta anima, diceva lui. Poi il suono forte sembrò come sfumare e tornò indietro come una voce lenta su un’onda di fase. Non era un dj, ma una confusa danza cosmica. C’è l’uomo delle stelle che aspetta in cielo e vorrebbe venire a trovarci anche se pensa che potrebbe spaventarci. Ha detto di non cacciarlo via perché lui sa che ne vale la pena”.
In questo disco fondamentale c’è spazio anche per l’apocalittica Five years, che preannuncia la fine di tutto entro cinque anni, mentre l’immancabile viaggio nello spazio di Moonage daydream porta la rockstar nella Suffragette City, la città delle suffragette dove si cede a tutte le tentazioni al furioso ritmo della batteria, per poi essere risucchiato dal proprio ego che nel frattempo è divenuto smisurato. L’autodistruzione si compie nell’emblematica Rock’n’roll suicide: “I freni della Chevrolet stridono mentre inciampi per strada, ma il giorno irrompe prima e così corri a casa per non lasciare che il sole bruci la tua ombra, sei così naturale e religiosamente irriverente. Oh no amore!, non sei solo, non importa cosa o chi sei stato, non importa quando o dove hai visto, i coltelli ti lacerano il cervello, ma non sei solo…” Da segnalare Velvet goldmine, scartata all’epoca ma recuperata nell’edizione in cd, che diede il titolo al film del 1998 diretto da Todd Haynes ambientato ai tempi del glam-rock e ispirato alla vita di Bowie.

Il successo è planetario, i fan si moltiplicano e tutti aspettano il ritorno di Ziggy. E invece passa solo un anno ed ecco un nuovo personaggio: Aladdin Sane, l’alieno con la saetta colorata sulla fronte, nient’altro che un gioco di parole tra il saggio Aladino e “A Lad Insane”, un ragazzo folle che da un lato ci descrive dolcemente The prettiest star, la stella più bella, dall’altro analizza in maniera cinica e spietata l’ineffabile potere del tempo: “Il Tempo aspetta dietro le quinte e parla di cose senza senso: il suo copione siamo tu ed io, ragazzi. Il Tempo si piega come una puttana, si flette a terra e si masturba: le sue beffe siamo tu ed io, ragazzo. Il Tempo, tra il Quaalude [barbiturici all’epoca molto in voga] e il vino rosso, si prende Billy Dolls e altri miei amici. Rintocchi! Maledizione, sei vecchio, prenderai un raffreddore, perché non hai messo il cappotto? Vivere al buio è odioso, ma io avevo tanti sogni e ho avuto tanti successi, e tu amore eri gentile, e l’amore ti ha lasciata senza sogni: perché la porta per i sogni era chiusa!”
Sempre nello stesso anno Bowie pubblica Pin ups, un album di cover scelte tra i brani che lo hanno formato e che in copertina presenta uno scatto di David e la top-model Twiggy (quella della minigonna). Ma è la copertina del successivo album a creare ulteriore scompiglio: il ritratto di Guy Pellaert mostra Bowie mezzo uomo e mezzo cane, con i genitali ibridi e bene in vista e ovviamente viene immediatamente censurata. Diamond Dogs spazia rock e suoni sinistri, tra i Cani di Diamante e Halloween Jack, uno strano tipo che vive a New York e che ricorda molto da vicino Ziggy Stardust e i Ragazzi Selvaggi di William Borroughs. È in realtà un concept album in cui l’ululato spettrale dei cani ci ricorda che siamo a dieci anni dalla profezia di George Orwell, quando un Grande Fratello osserverà in maniera ossessiva tutti i nostri movimenti, cosa che si avvererà di lì a qualche lustro nella realtà dei reality. Brani come Rebel rebel, Big Brother, 1984, Sweet thing e la stessa Diamond Dogs resteranno negli annali. E stavolta l’edizione in cd del 1990 ci regala anche la notevole Dodo, all’epoca lasciata fuori.

Ma basta poco e né Ziggy né Aladdin né i Diamond Dogs ci sono più: essi ormai appartengono al passato e  lui di nuovo lascia tutto e parte per gli Stati Uniti per incidere Young americans, l’album che contiene il suo primo n. 1 americano, quella Fame, inno funk alla celebrità scritto con l’amico John Lennon. E altre collaborazioni si aggiungeranno a quella: ci sono artisti del calibro di Bing Crosby per un duetto natalizio e di Mick Jagger con cui realizza un video storico – una cover di Dancing in the street di Martha & the Vandellas – trasmesso in anteprima nientedimeno che al Live Aid del 1985. Lou Reed, antico eroe dai tempi dei Velvet Undergroud ma ormai in declino, viene aiutato da Bowie a tornare a galla producendo a quattro mani l’epico Trasformer; e a quattro mani viene realizzato con Freddie Mercury l’hit Under pressure dei Queen. E verrà anche il tempo di Brian Eno, Iggy Pop, Pat Metheny, Giorgio Moroder, Robert Fripp, Placebo, Tina Turner, David Gilmour, TV on the Radio, Arcade Fire e altri ancora, con una chicca per i fans di Lucio Battisti: nel 1974 Bowie scrive il testo e produce Music’s lethal, versione inglese di Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi… e l’affida alla voce del suo fedele chitarrista Mick Ronson.

Ma è di nuovo tempo per i “ch-ch-ch-changes” e un nuovo personaggio viene partorito dal genio di Bowie: il Thin White Duke, l’intramontabile “Sottile Duca Bianco che lancia dardi negli occhi degli amanti” dai solchi di Station to station: “No, non sono gli effetti collaterali della cocaina, ma credo che si tratti semplicemente di amore!”, avvisandoci che il canone europeo è già qui e la globalizzazione ci inghiottirà tutti: “È troppo tardi per ringraziare, è troppo tardi per essere di nuovo in ritardo, è troppo tardi per provare odio, il canone europeo è qui!” Era solo il 1975.
Arrivano gli anni degli eccessi, con alcol e coca a fiumi, l’aspetto scheletrico e tour estenuanti. Mentre ancora tutti si chiedono chi veramente sia il Duca Bianco, lui lascia l’America e se ne va a Berlino, città che lo affascina e deprime contemporaneamente. Nascerà il celebre trittico berlinese, su cui sono stati scritti interi volumi: Low, Heroes e Lodger, di cui i primi due unanimemente considerati pietre miliari. Inizia la collaborazione con Brian Eno: atmosfere mitteleuropee tetre e fredde, pezzi strumentali pieni di effetti e di tastiere. Brani come Warzsawa, Speed of life, Art decade o Sound and vision lo consacrano artista principe del techno-rock di metà anni Settanta. Ma il vero capolavoro è Heroes, brano scritto con Brian Eno, inno epocale che narra di un amore impossibile vissuto all’ombra del Muro di Berlino. E si badi bene, non si tratta della canonica coppietta di ragazzini innamorati: sembra che tra loro le cose non vadano sempre per il meglio: “Tu, tu a volte sai essere meschina, e io berrò tutto il tempo, ma sarai la mia regina e io sarò il tuo re. E anche se niente potrà tenerci uniti, possiamo farcela e li batteremo per sempre. Mi ricordo che eravamo in piedi, accanto al Muro, e i fucili sparavano sopra le nostre teste mentre noi ci baciavamo come se niente fosse. Saremo eroi, anche se per un giorno soltanto”.
Bowie è tra i pochi artisti che hanno superato indenni l’arrivo dell’onda anomala del punk e della new-wave. In quegli anni tempestosi che vedono molte teste cadere, Bowie aiuta e produce un personaggio come Iggy Pop il quale, pur essendo della sua stessa generazione, è considerato un artista fondamentale per la nascita del punk grazie alla militanza negli Stooges.

Nel 1980 torna da Berlino ed incide Scary monsters, l’ultimo album per la RCA prima di firmare per la EMI-Virgin: in copertina c’è Bowie nelle vesti di moderno Pierrot, rimembranze di Lindsay Kemp e del Pierrot in turquise. L’immagine nasce dalla fusione della fotografia di Brian Duffy e del disegno di Edward Bell, e tra i solchi c’è la celebre Fashion e almeno un altro caposaldo del suo repertorio, il capolavoro Ashes to ashes, in cui riappare il Maggiore Tom di Space Oddity che vive depresso nei cieli: “Vi ricordate di quel ragazzo che stava in una vecchia canzone? Ho sentito una voce dalla Torre di Controllo, oh no, non ditemi che è vera. Hanno ricevuto un messaggio dal protagonista: ‘Sono felice, spero che anche voi lo siate. Ho amato tutti quelli che avevo bisogno di amare, seguono sordidi dettagli. L’urlo del Nulla mi sta uccidendo, qui solo foto di ragazze giapponesi sintetizzate e io non ho soldi e non ho capelli ma spero di farcela. E comunque il pianeta sta bruciando.’ Cenere alla cenere, funk al funky, sappiamo che il Maggiore Tom è un tossico. Di volta in volta mi dico che rimarrò pulito stanotte, ma le piccole assuefazioni mi inseguono, oh no, non di nuovo.” E poi, feroce autocritica, voglia di sparire: “Non ho mai fatto cose buone, non ho mai fatto cose cattive, non ho mai fatto niente di inaspettato, voglio un'ascia per rompere il ghiaccio, voglio tornare immediatamente giù”. Incredibile.
L’elettronica ha sempre affascinato Bowie e assecondando le sbornie disco che il panorama musicale ha offerto dalla fine degli anni 70 lui dà alle stampe Let’s dance, il cui grande successo sorprende perfino lui stesso. D’altra parte le melodie irresistibili di Modern love e China girl sono tra quei solchi.
Tonight e Never let me down sono gli album meno quotati dalla critica, ma pur tuttavia contengono duetti con Tina Turner e gioiellini come Blue Jean e Loving the alien. In questa decade Bowie lo si ricorda soprattutto per le colonne sonore di Labyrinth e Absolute beginners, film ai quali ha partecipato anche come attore, e per la leggendaria apertura del Live Aid del 1985.
Ma un nuovo colpo di coda è alle porte: Bowie si getta a capofitto nella musica tosta e fonda insieme a Reeves Gabrels i Tin Machine, un gruppo di hard rock di cui lui stesso è leader, cantante e compositore e con cui incide due ottimi album, Tin Machine (1989) e Tin Machine II (1991), nel primo dei quali omaggia John Lennon con una rovente cover di Working class hero.

Ma ogni qualvolta i fans iniziano a pensare che sia questa nuova direzione di Bowie quella su cui ci si debba concentrare, è già ora di una nuova svolta: dopo aver sposato la modella somala Iman Mohamed Abdulmajid, nel 1993 incide un album pregnante di musica elettronica, jazz, funk, hip-hop e soul: Black tie white noise, che contiene quella Jump they say scritta per il fratellastro Terry e riferita al suo suicidio.
Due anni dopo passa al rock sperimentale, o art rock come viene spesso etichettato, con Outside, un concept-album che vede il ritorno della collaborazione con Brian Eno. È il dramma dell’ansia che attanaglia il mondo alla vigilia del nuovo millennio, e narra la storia di Nathan Adler descritta con la tecnica del cut-up, che viene inclusa nei testi e nelle note dell’album. Bowie svela di aver lavorato al computer per poi rielaborare il tutto con il programma Verbasiser, che riassembla casualmente le frasi. Outside resterà alla storia come il primo album dell’era di internet.
L’ambient music viene sperimentata in The Buddha of Suburbia, colonna sonora dell’omonima serie televisiva, che lo vede anche come polistrumentista. Da segnalare l’ottima Dead against it.
Jungle, industrial rock, drum & bass sono invece alcune delle etichette appioppate al Bowie edizione 1997: capelli arancio e pizzetto, arriva Earthling con i suoi pezzi allucinanti come Telling lies, Little wonder e Looking for satellites, mentre i suoi cinquant’anni vengono celebrati con un mastodontico concerto zeppo di ospiti illustri.

Si avvicina la fine del millennio, e David decide di tornare se stesso. Lunghi capelli biondi e lisci e melodie classiche, con il singolo Thursday’s child a fare da apripista a Hours, un album che è una sorta di ritorno alle origini e al passato, con tutti i rimpianti che ciò comporta: “Per tutta la vita ho tentato di fare del mio meglio con ciò che avevo, ma non è successo granché, qualcosa di me era come diviso, mi mancava quel sussurro di speranza. Forse sono nato in un’epoca sbagliata e ho spezzato in due la mia vita”. Ma la speranza per il futuro viene descritta in un modo molto poetico, prendendo in prestito un’antica filastrocca inglese, Thursday’s Child, secondo cui chi è nato di giovedì è sempre fuori luogo, e si trova nel posto sbagliato: “Dammi il domani ora che veramente ho una possibilità, dammi il domani ora che ogni cosa sta tornando al proprio posto, dammi il domani mentre guardo indietro al mio passato per lasciarlo andare, dammi il domani, solo per te non rimpiango di essere stato sempre fuori luogo. Lunedì, martedì, mercoledì, ma sono nato di giovedì”.
A breve distanza segue Heathen, con le splendide Everyone says hi (Tutti dicono addio) e Better future, in cui augura ai propri figli un futuro migliore.
Il 20 ottobre 2001, esattamente come fece al Live Aid, Bowie apre il Concerto per New York dopo l’attentato alle Torri Gemelle, scegliendo una sobria interpretazione di America di Simon & Garfunkel.
Poi subito un nuovo album, Reality, e il world tour 2003-2004, e poi il malore. Bowie subisce il primo di una lunga serie di infarti che lo costringe a cancellare il tour e ad abbandonare le scene per dieci anni.

Torna a sorpresa nel 2013 con l’ottimo The next day, che contiene canzoni vecchio stile come The stars are out tonight, Valentine’s day, Where are we now, Dancing out in space e la stessa The next day: “Dove ci troviamo adesso? Nel momento in cui capisci, capisci davvero…”
Poi sparisce di nuovo e strane voci si susseguono, ma lui ancora una volta spiazza tutti: il nuovo Blackstar uscirà nel 2016, nel giorno del suo compleanno. Atmosfere jazzate, molto sax, il suo primo strumento, ma la gioia dei fan viene presto soffocata da un paio di lugubri video, testi spettrali e una canzone come Lazarus  in cui dice a chiare lettere: “Guardami, sono in paradiso, ho ferite che non si vedono…” Nel video un uomo disteso in un letto trema e si agita, mentre l’artista, pallido e scavato in volto, si affretta a scrivere le sue composizioni quasi non ne avesse più il tempo. “Sono una stella nera…” e morirà tre giorni dopo l’uscita del disco, arrendendosi al male incurabile che lo aveva afferrato un anno e mezzo prima.
Come un moderno Mozart con il suo Requiem, Bowie ha messo in scena un ultimo coupe de teatre sbeffeggiando anche la morte, andandosene in una maniera così teatrale come solo lui avrebbe potuto architettare. L’ha sconfitta così, sbalordendo ancora una volta il mondo intero e lasciando le sue opere che vivranno per sempre.
Un accenno al cinema, altra passione che ha coltivato negli anni. Nell’arco di una carriera cinquantennale, tra i suoi film val la pena citare L’uomo che cadde sulla terra, Gigolò, Christiane F. (in cui interpreta se stesso), Furyo, Miriam si sveglia a mezzanotte con Catherine Deneuve, il fantastico Labyrinth per cui scrive un’ottima soundtrack, L’ultima tentazione di Cristo di Scorsese e Absolute beginners (1986), tratto dal romanzo di Colin MacInnes e ambientato nella Londra degli anni 50. In parte musical, il film viene salvato dall’interpretazione di Bowie e dalla presenza di un suo capolavoro assoluto come la title track; ma c’è un’altra chicca a sorpresa: una interpretazione in italiano di Volare. Volare tra le stelle.

I’m a blackstar
I’m not a gangstar
I’m a blackstar
I’m not a filmstar
I’m a blackstar
I’m not a popstar
I’m a blackstar
I’m not a marvel star
I’m a star’s star
I’m not a white star
I’m a blackstar



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Ariano Irpino, Avellino, Italy
Antonio Oliva è nato nel 1985 ad Ariano Irpino (AV). Ha partecipato a numerosi progetti teatrali e musicali. Nel 2009 si laurea in Lettere Moderne e nel 2012 in Filologia Moderna presso l’Università Federico II di Napoli. Dopo diverse esperienze nel 2015 si abilita all'insegnamento presso lo stesso Ateneo. Ha lavorato a Roma e Bergamo e vive itinerando.
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