Parte III

Quella mattina era domenica e il déjà vu di Elena fu più potente del solito. Sedeva lì, nel solito bar. I nuvoloni grigi tradivano di quando in quando uno sbuffo azzurro, un raggio di sole, e le voci della piazza si rincorrevano come una bizzarra sinfonia. Per Elena rappresentavano la più familiare delle colonne sonore, il sottofondo di tutte le domenica mattina della sua infanzia, di tutta la sua infanzia.
Era ancora presto per la prima messa, c’era poca gente in piazza, per lo più anziani, con qualche famiglia che passava ogni tanto. Il dialetto stretto, le auto, le urla dei bambini, il campanile avvolto per metà dalla foschia. La vigilessa fischiò.
Sedeva davanti a un cappuccino e una tazzina da caffè vuota. Faceva piuttosto freddo ed Elena non si toglieva il cappotto, la sciarpa, i guanti e il cappellino nero comprato l’anno prima a Parigi. Quella notte aveva dormito giusto un paio d’ore. Poi si era alzata, aveva fatto colazione e si era recata sul luogo dell’appuntamento. Non aveva disturbato Ginzburg, una delle più brillanti penne d’Italia, il quale dormiva come un sasso sul divano accanto al rumoroso frigorifero di lei, vestito, russando ogni tanto più rumorosamente del frigorifero stesso. Tra non molto si sarebbe alzato e avrebbe preso un autobus in tutta fretta per poter arrivare nell’Agglomerato in tempo per l’appuntamento con l’assessore. Questo pensava Elena, e non se ne curava, bevendo il suo cappuccino e aspettando il suo amico.
Il suo amico entrò nel bar invadendolo col suo sorriso smagliante e il suo saluto rumoroso. Paolo Torre richiuse la porta alle sue spalle; il vocio della piazza ritornò quasi inintelligibile, nonostante la gente fosse sensibilmente aumentata. Un raggio di sole entrò con lui.
- Sei stupenda, Elenuccia!
- E tu ti sei ubriacato e non hai neppure dormito! - lo salutò Elena baciandolo sulla guancia.
- Obiezione vostro onore! Ho passato la notte in videoconferenza con New York! Maledetto fuso orario! - Si sedette, ma come al solito era troppo grande per il tavolino e rovesciò una sedia con un calcio. Si affrettò a rimetterla in piedi, urtando il tavolino con la gamba. Elena afferrò le tazze al volo prima che si rovesciassero: - Paolo, devi dormire, trovarti una donna e farci l’amore!
- Lo so, ma non ne ho il tempo, o mi annoio, o entrambe le cose! Ho preso una pillola!
Caffeina in pillole, si trova in Nuova Alemagna ed è legale.
- Sei sempre il solito, ma ti trovo bene anch’io.
- Ambrogio, un caffè!
Il barista, che si chiamava Generoso, grugnì qualche insulto affettuoso che per Paolo continuava a valere più di un complimento o di un attestato di stima proveniente da New York City.
- Allora bello, - fece Elena. - cosa ti porta sul paesello?
- Mi mancavano i nostri appuntamenti mattutini, no?
- E basta? Sembravi ansioso di tornare, insomma, più ansioso del solito!
- Solo stress… sto bene… - disse Paolo mimando strani tic facciali che fecero ridere Elena, la quale beveva il suo cappuccino. - E poi devo tornare a casa, roba di famiglia.
- Tutto bene?
- Certo! - sorrise Paolo mostrando 32 denti, come al solito.
- La tua label?
- Bene bene, anche se c’è crisi. - rispose Paolo velocemente come se recitasse un copione. - Il mercato è saturo di inetti coi soldi, ma non mollo, questo mese esce un EP mio che è una vera BOMBA!
Il vecchio alle sue spalle si girò per via del volume con cui Paolo aveva pronunciato la parola “bomba”, almeno nella misura in cui glielo consentì la cervicale. A Noce viene a tutti la cervicale a 45 anni a causa del tempo inclemente e umido. Era segnato dalla fatica e dalle Peroni. Ritornò alla lettura del Corriere del Mezzogiorno.
Elena notò tutto. Ne avrebbero riso per tutta la vita. Se solo lui fosse stato lì. Déjà vu.
- Auguri, - fece. - o dovrei dire in bocca al lupo!
- E tu?
- Il solito.
- Come stai?
- Bene.
- Sicura?
- Sì. - Elena rispondeva meccanicamente.
- Ok. - disse Paolo. - Hai visto che business? - si schermì. - I libri di Johnson vendono a paccate!
- Parli come un dj. - lo derise Elena, che notò comunque quanto le fosse mancato quel soprannome di Gianni che non sentiva pronunciare da mesi.
- Io sono un dj. - le rammentò Paolo.
Elena registrò il déjà vu e andò avanti con la conversazione.
- È vero, allora parli come un uomo d’affari che parla ancora come un teenager!
I due scoppiarono a ridere. Elena lo conosceva bene.
- Comunque sì, - proseguì lei. - ho visto…
- Sei contenta?
- No.
- Tuttavia stai bene.
- Se vivi male, un giorno normale ti fa star bene.
- Mi sembri Gianni…
- Il prossimo che me lo dice lo accoppo.
- Eravate una coppia d’altri tempi… fuori dal comune, e dagli schemi, anche per altri tempi… Elena, ma secondo te, te lo devo proprio chiedere: il suo successo è figlio della sua incredibile storia o del suo effettivo valore?
- Che dire, Paolo? - Elena incrociò le gambe. - Gianni era bravo e apprezzato, ma è innegabile che è diventato una sorta di caso letterario, così lo definiscono. I critici più stimati scrivono delle sue poesie solo perché è morto. È diventato grande quando è morto. Sai che una volta qualcuno fece un esperimento? Andò all’incirca così: presero i versi di un autore sconosciuto, un giovane signor nessuno com’era Gianni, e dissero che erano inediti di Ungaretti o qualcosa di simile: la critica li lodò, il mondo letterario era semplicemente elettrizzato. Poi presero dei versi, poniamo, ungarettiani, e li spacciarono per opera di… Paolo Torre. Ebbene, vuoi sapere come reagì la benemerita società letteraria? In nessun modo, perché nessuno puntò un soldo bucato su un nome ignoto. Gianni si ricordava spesso di questa storia, lo colpì molto.
- È la morte della meritocrazia.
- Puoi dirlo forte, conta solo il nome, il prestigio, la notorietà. È un fatto di per se stesso evidente, si sa. Si chiama logica dell’apparire.
- Perché lui non è qui a vedere quanto tu in realtà sia simile a lui?
- Eravamo diversi, Paolo. - disse Elena senza accopparlo. - Era molto più simile a te.
- Perché dici questo?
- Perché era deciso a farcela a ogni costo rimanendo se stesso, come te. Ce l’avrebbe fatta, io lo so. Auguro a te ogni fortuna, per tutti e due.
- E tu? - chiese Paolo Torre.
- Io sto bene ora, te l’ho detto.
- Sicura?
- Che vuoi che ti dica, che si supera? No, non si supera. Si va avanti.
- Scrittura, università?
- Ho il mio locale.
- Dovresti…
Elena non sentì nemmeno la serie di “dovresti” che conosceva perfettamente. Si isolò. Le succedeva ancora, ogni tanto. Andò in “modalità-déjà-vu”, ma questa volta fu più simile a un flashback da LSD, cosa che non aveva mai assunto, e se ne sorprese. Si guardò intorno confondendo i volti delle persone, sudò un po’, vide le labbra di Paolo fermarsi e si accorse che, siccome non ne udiva più la voce, egli aveva smesso di parlare.
- Sì. - disse semplicemente, pensando di conoscere l’analisi socio-economica che certamente Paolo aveva appena concluso.
- Quindi, hai capito? Un miracolo non succede, ma se succede… Ora devo proprio andare, ti saluto.
Elena abbandonò il torpore in cui era sprofondata per salutare Paolo, il quale le diede appuntamento a un non meglio identificato “domani”, scambiò un paio di improperi con Generoso e uscì dal locale. Elena rimase lì, davanti a varie tazze vuote, con un accenno di emicrania e la netta sensazione che la sua bottiglia di whiskey perdesse, una sensazione piuttosto stupida per una domenica mattina in cui il solo pensiero del whiskey ti fa sentire male. Disgustata nonostante il buon cappuccino di Generoso e la buona compagnia di Paolo, pagò e andò via accettando i biscotti che le furono regalati, ma portandoli a casa per mangiarli in un secondo momento. La piazza era quasi piena, Elena aveva voglia di tornare a letto.

Elena entrò in cucina e trovò il biglietto di Ginzburg: “Grazie.”, semplicemente.
- In un paese civile questo dovrebbe valere qualcosa. - le sfuggì. - Andiamo bene, parlo da sola. Forse ha ragione Paolo, e pure gli altri. Forse eravamo più simili di quanto credessimo. Voglio dire, siamo nati in paese, siamo cresciuti insieme… - Déjà vu.

...continua

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Ariano Irpino, Avellino, Italy
Antonio Oliva è nato nel 1985 ad Ariano Irpino (AV). Ha partecipato a numerosi progetti teatrali e musicali. Nel 2009 si laurea in Lettere Moderne e nel 2012 in Filologia Moderna presso l’Università Federico II di Napoli. Dopo diverse esperienze nel 2015 si abilita all'insegnamento presso lo stesso Ateneo. Ha lavorato a Roma e Bergamo e vive itinerando.
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