Ogni vita
umana ha un preciso valore, calcolabile al centesimo. Immaginiamo una tabella
in cui vediamo incasellati diversi parametri, come reddito, aspettativa di
vita, conoscenze, competenze, quantità e qualità dei legami affettivi. La
valutazione complessiva è detta “capitale umano” e si esprime in euro. Per
esempio, c’è un cameriere precario non più giovane, moglie e figli a carico,
che tornando a casa in bicicletta viene fatto fuori da un SUV che poi sparisce
nella notte. Precario ciclista = tot. € 218.976,00.
“Il capitale
umano” arriva nelle sale lo scorso inverno. Il regista Paolo Virzì, uno dei più
apprezzati autori e innovatori della moderna commedia all’italiana, racconta di
una Brianza fredda, cinica, inumana. Vediamo intrecciarsi sullo schermo le esistenze
di uomini e donne alto-borghesi che l’avidità porta verso la deriva morale, specchio
fedele della società contemporanea: i due personaggi principali, un piccolo
immobiliarista (Fabrizio Bentivoglio) e uno squalo di Piazza Affari (Fabrizio
Gifuni), si incontrano a causa della relazione tra i figli. Questi ultimi
studiano in un facoltoso liceo privato, che ha organizzato una cerimonia per
l’assegnazione dell’immancabile premio scolastico. Quella sera il malcapitato
cameriere era di turno…
In settembre
il regista livornese ha incassato un meritato successo: “Il capitale umano” è
stato scelto dalla commissione di selezione istituita dall’Anica su invito
dell’Academy come candidato italiano all’Oscar per il miglior film straniero.
Si ripete quanto accaduto nel 2011, quando il film proposto fu un’altra perla
di Virzì, “La prima cosa bella”, poi non candidato. Non sarà certo facile dopo
l’exploit de “La grande bellezza”, che ha portato il genio di Sorrentino e il
volto di Servillo alla vittoria finale e al meritato riconoscimento
internazionale. Basta pensare poi ai grandi film selezionati negli ultimi anni
e poi non nominati: “Gomorra” di Garrone, “La sconosciuta” e “Baarìa” di
Tornatore, “Terraferma” di Crialese. Se si esclude “La grande bellezza”,
l’ultima nomination italiana all’Oscar risale al 2006 (“La bestia nel cuore” di
Cristina Comencini).
Paolo Virzì è
comprensibilmente soddisfatto e dichiara: “Ringrazio la commissione, sono
emozionato e onorato di questa candidatura. Mi sento investito di una grande
responsabilità in un momento complicato, ma il cinema italiano è vivo.” Non
possiamo dargli torto: nell’anno in cui si festeggia l’ottantesimo compleanno
dell’icona del cinema mondiale Sofia Loren, tanti ottimi titoli affollano i
palinsesti delle sale, purtroppo non molto piene quando il film è di qualità e
italiano. Una primizia di questa stagione, “I nostri ragazzi” di Ivano De
Matteo, ripropone le tematiche del film di Virzì. Chi ben comincia…
Il prossimo step è la cosiddetta short list: si tratta di una lista di una decina di film, dalla quale saranno scelti i cinque finalisti che arriveranno a Los Angeles il 22 febbraio. “Il capitale umano” si appoggia al suo team di stelle nostrane capitanate da Bentivoglio, che dà vita, per dirla con Giorgio Faletti, a un personaggio “così milanese da sembrare uno scherzo”. Tutti bravi e apprezzati, da Gifuni a Lo Cascio (che recita anche ne “I nostri ragazzi”), dalle “mogli” Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi (premio TriBeCa alla migliore attrice) alla vecchia volpe della comicità milanese Bebo Storti. “Provo grande gioia” ha dichiarato orgoglioso Gifuni, impegnato a teatro, “e sono convinto che il film sia molto accessibile negli Usa.” Non a caso è già stato venduto in trentacinque paesi e ha incassato 6 milioni e mezzo di euro.
“Il capitale umano” in effetti viene dagli Stati Uniti: il film numero undici di Virzì è infatti tratto da Human Capital, un thriller sociale pubblicato nel 2008 dallo scrittore e giornalista americano Stephen Amidon. Dal Connecticut alla Brianza il passo è breve, e alle pur comprensibili polemiche sollevate da chi ha accusato il regista di aver dipinto un quadro della gente e dei luoghi descritti non rispondente a realtà (per non dire immondo), si può ribattere che tutto il mondo è paese e un film d’attualità ben fatto è, purtroppo, specchio dei tempi. Dal vecchio Ovosodo (1997) al più maturo Tutti i santi giorni (2012), passando per quel piccolo capolavoro che è Tutta la vita davanti (2008), non ci sono peraltro dubbi sul fatto che Virzì sia un maestro in questo.
La commissione di selezione (composta, tra gli altri, da Gabriele Salvatores) ha parlato della grande qualità di tutti i titoli iscritti quest’anno e dell’ardua impresa di selezionarne tre, e da questi uno solo. Merito di Virzì che, con Francesco Bruni e Francesco Piccolo, ha adattato magistralmente il testo d’origine alla realtà brianzola e italiana, merito delle coinvolgenti atmosfere noir e di interpretazioni sapienti: come dimenticare l’inconcludente conciliabolo degli intellettualini milanesi che, guidati da Lo Cascio, si riuniscono intorno alla povera Bruni Tedeschi e si parlano addosso all’infinito? Il film d’altronde è stato lodato in Italia come all’estero: per La Repubblica è il migliore lavoro del regista.
Sette David di Donatello, sette Nastri d’Argento, il Golden Globe: sono solo alcuni dei traguardi già raggiunti. Adesso parte la “campagna elettorale”: la “prima” inglese a Londra e poi la promozione americana. La coproduzione italo-francese targata Virzì dovrà battere la concorrenza de “Il regno d’inverno - Winter sleep”, la pellicola turca che ha trionfato a Cannes (regia di Nuri Bilge Ceylan), oltre ai fratelli Dardenne (Belgio), il francese Bonello, il polacco Paweł Pawlikowski, per citarne solo alcuni. Nonostante la crisi, il cinema italiano è vivo. Dopotutto, è proprio la crisi economica a rimettere a posto le disastrate sorti dei protagonisti nel paradossale finale de “Il capitale umano”, in cui Valeria Bruni Tedeschi dice al marito Fabrizio Gifuni: “Avete scommesso sulla rovina di questo paese, e avete vinto.”
antonio oliva per Cultura e dintorni
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