Era una calda sera nell’Agglomerato, né
troppo presto, né troppo tardi per pensare a qualcuno. Marino era al bancone,
sempre, e anche in quel momento Marino era al bancone. Si trattava del bancone
del Casacuore, il posto che riesce a costruire intorno a te l’atmosfera delle
bevute di paese di quando ancora non eri nel folle vivo decadente Agglomerato,
il cui nome a suo modo romantico ben si addiceva allo stato d’animo di Marino
in quel momento. Oppure no? In ogni caso, era uno stato d’animo abbastanza
frequente.
Marino beveva scotch che gli pareva lava
giù per la gola. Faceva come sempre caldissimo. Marino non sfoggiava la sua
consueta mise
canotta-bermuda-zoccoli, ma portava un bel completo scuro con tanto di scarpa
costosa e camicia bianca i cui primi due bottoni aperti concedevano respiro al
poveruomo. Sudava, per il caldo e per il drink. L’avventore al suo fianco si
alzò e scivolò via nella penombra lasciando libero uno sgabello. Un ragazzetto
non si lasciò scappare l’occasione e si appropriò dello sgabello montando in
cima. Era lì da almeno tre quarti d’ora e non aveva distolto lo sguardo da
Marino nemmeno per un secondo. Anche adesso lo guardava. Avrà avuto dieci anni
meno di lui, che non lo aveva visto per niente. Anche il nuovo venuto era elegante:
era vestito in modo simile a Marino e portava i capelli corti e pettinati
all’indietro, con un accenno di doppio taglio. Marino, solo tra la gente, buttò
giù l’ultimo sorso.
- Un altro per il mio amico, e per me
quello che ha preso lui. - Finalmente il ragazzetto prese la parola, e lo fece
con giovanile entusiasmo.
Marino girò appena la faccia e lo fissò
dritto negli occhi, senza espressione. Quegli occhi intensi, in qualche modo
socchiusi, sottrassero sicurezza al giovane, che distolse lo sguardo. Cercò di
guardare di nuovo, senza successo. Un occhio gli lacrimò gentilmente da una
parte. Tutto questo accadde nei circa due secondi in cui Marino lo guardò, per
poi girarsi e rendersi conto che il suo scotch era di nuovo lì.
- Davvero amico, offro io! - tentò di
riacciuffare la situazione il giovane.
- Grazie, non disturbarti. - fu tutto
ciò che disse l’altro.
- Dai Marino, non fare così! È un
piacere per me. Eugenio. - fece lui ostentando sicumera e porgendo al suo
interlocutore una manina piccola e curata. Si sarebbe detta mai sottoposta al
minimo stress.
Marino si girò e lo guardò di nuovo. -
Sei un giornalista, vero?
Quello ritirò la mano e rinunciò alla
presentazione, perfettamente inutile dato che conosceva il suo interlocutore.
- Beccato!
Marino sospirò. - Cosa vuoi?
- Niente! Solo offrirti un drink.
- Quale giornale ti paga tanto bene da
permetterti di offrire whisky agli sconosciuti?
Eugenio ridacchiò: - Ma tu non sei uno
sconosciuto! Sei Marino Pappalardo! - disse con enfasi.
- Papparapààà! - fece lui senza nessun
entusiasmo, imitando il tono del giornalista.
- Su, dai, aiutami fratello… - Eugenio
fece scivolare una mano sul braccio di Marino, il quale guardò quella manina
talmente male da indurlo a rimuoverla subito. Quegli sguardi profondi ti
passavano da parte a parte come proiettili.
- Accidenti! - disse Eugenio. - Dovresti
scrivere con gli occhi invece che con la penna, dicono più delle tue parole!
- Le mie parole non dicono abbastanza? -
Uno dei due le provava tutte per attaccare bottone, l’altro per troncare.
- Ma no, cosa dici? Sono un tuo grande
ammiratore! A quando il prossimo libro?
- Non lo so.
- E senti, che è successo con quel
movimento politico? - si lanciò Eugenio. La ragazza che lavorava al bancone
fece uno sguardo preoccupato.
- Non lo so. Cazzo. Lasciami bere. -
disse Marino che non beveva più, guardando lo specchio davanti a sé. Voleva
scacciare quell’essere, farlo smettere, sconfiggerlo. Guardò dritto nei suoi
stessi occhi stretti e in quel momento volle sconfiggere se stesso.
- E senti, che hai combinato con quella
ragazza?
Marino prese una mezza minerale che era
sul banco e la lanciò in direzione di Eugenio, colpendolo sulle gambe. Si udì
il botto della plastica rigonfia sulla carne, lo scroscio dell’acqua sui
costosi tessuti e la bottiglietta semivuota che rimbalzava per poi finire a
terra. Qualcuno gridò e la cameriera si rese conto che lo sguardo di prima non
era stato abbastanza preoccupato.
Eugenio era incredulo, aveva voglia di
piangere. Marino gli si avventò addosso prendendolo di peso e trascinandolo giù
dallo sgabello. - Torna quando avrai passato la pubertà! - gli gridò
scaraventandolo fuori dal Casacuore e sbattendo la porta di legno. Quell’altro
rimase lì fuori, sbigottito, col ciuffo tutto spettinato.
Marino tornò a sedersi, nessuno si
scompose. Ordinò una mezza minerale identica alla prima che rimise nello stesso
punto del bancone. Tutto tornò tranquillo. Pagò la minerale, sorseggiò il suo
scotch, già pagato, e si diresse alla porta. Era sicuro che Eugenio se ne fosse
già andato. Marino si addentrò nella notte della città.
continua