Le
coincidenze a volte sono i segnali misteriosi della vita ai quali bisogna
credere.
Romano Battaglia
Fa bello
fuori, e forse il mio amico il ‘caso’ sta passeggiando al sole.
Henri
Murger
La
contemporaneità non esiste.
Luciano De
Crescenzo
Sigaretta.
Trevor era fermo
al semaforo da troppi minuti per la fretta che aveva e ripensava nervosamente agli
ultimi giorni. Imboccare una strada o l’altra gli era ormai totalmente
indifferente. Gli bastava allontanarsi il più possibile da casa sua: meno la
vedeva e meno gli tornava tutto in mente… Era stato solo un incidente, una fatalità?
O doveva andare così. No, non doveva.
Sigaretta.
“Quanto
cazzo durano i semafori rossi in questa città? Due sigarette! Ma stiamo scherzando?!”
Mentre
malediceva tutto e tutti, scattò il verde e Trevor ripartì all’improvviso,
sgommando come se avesse appena svaligiato una banca. Ma il suo fuggire lontano
durò poco: altro semaforo rosso.
Bestemmia.
Sigaretta.
Aprì il cassetto
dell’auto e si mise a cercare un nuovo pacchetto di sigarette ancor prima di
aver finito quella che stava fumando. Da quel maledetto cassetto non uscivano
altro che cartacce, vecchie ricevute, un paio di multe, accendini rotti… Notò
un foglio accartocciato, lo aprì e ciò che lesse lo lasciò impietrito per
alcuni secondi…
“…Quel che è
sbagliato oggi
andrà bene
domani,
potessi
ripercorrere
quel viaggio
all’incontrario,
non tornerò
mai più.”
Era una
poesia che aveva scritto lui stesso, quando ancora le cose andavano bene e
nessuno si sarebbe aspettato quanto stava per accadere. Strinse quel foglio
stropicciato tra le mani e istintivamente lo gettò fuori dal finestrino,
sperando che volasse via, che si allontanasse quel tanto che bastava per
liberarsene. Della carta e del ricordo che vi era rimasto appiccicato. Ma era
di nuovo in coda al semaforo e il foglio rimase a terra accanto a lui,
immobile. Si affrettò ad aprire la portiera e raccolse il foglietto, con
l’impazienza e la premura di chi sta recuperando il biglietto vincente della
lotteria. Lo rimise nel cassetto e finalmente trovò il pacchetto di sigarette.
Lo scartò come faceva ogni volta, cioè come un rito, piacevole ma allo stesso
tempo odioso.
Sigaretta.
Finalmente. Quanto
gli piaceva fumare. E quanto lo detestava. Era perfino riuscito a smettere: ventiquattro
volte. Aveva un rapporto morboso, quasi patologico, con le sigarette. Scartare
un nuovo pacchetto era per lui come togliere lentamente i vestiti ad una donna,
una sorta di nevrotica e squallida pratica sessuale, accendere una sigaretta era
sempre eccitante nonostante il numero esagerato di sigarette che aveva fumato
nella sua vita, ma poi il sapore del fumo era amaro, disgustoso, come quello
che ti lasciano certi incontri.
Era come
quel libro che aveva letto tempo prima, come si chiamava?
“Ah, sì, ‘La
coscienza di Svevo’.” pensò, sbagliando il titolo. Ci aveva quasi azzeccato. La
sua era la “vita del quasi”. Nel senso che era quasi cresciuto, aveva un lavoro
che quasi gli piaceva, un’automobile che era quasi perfettamente funzionante,
era stato quasi sereno… ma ora aveva un peso dentro a cui non poteva associare
alcun quasi: non accennava ad andarsene, era nitido, preciso, una sofferenza
del tutto completa che ormai era parte di lui.
Sigaretta.
Ancora non
sapeva che imboccare una strada o l’altra sarebbe stato di vitale importanza.
filomena roberto & antonio oliva 011
da "delle coincidenze", ad est dell'equatore, napoli 2012
... Ti piacerebbe leggere il resto? Un po' di pazienza ;)